“La morte di suo marito è arrivata con la prima colazione. Come una nota a margine, come una banale chiacchierata mentre le rifacevano le medicazioni”
Inizia così l’articolo con il quale Marco Imarisio racconta su Corriere.it la vicenda di una coppia torinese partita per una crociera nel mediterraneo e rimasta coinvolta nell’attacco terroristico al bus e al museo del Bardo di Tunisi avvenuto attorno a mezzogiorno di un anonimo 18 marzo [leggi anche questa notizia].
Cercavano svago e relax quelle persone ed hanno invece trovato una morte improvvisa, violenta, inspiegabile agli occhi degli occidentali (forse gli autori danno altre chiavi di lettura).
Anche se da subito emergono incongruenze e zone oscure e inspiegate, la gravità dell’episodio è immediatamente chiara, tanto che
- alcuni passeggeri della nave Costa Fascinosa decidono di rientrare in Italia
- sul posto viene inviato uno psicologo con il compito di organizzare l’assistenza ai viaggiatori e, più difficile, comunicare a quella donna torinese ricoverata in ospedale che il marito è deceduto sotto il fuoco degli attentatori.
La psicologa attendeva l’arrivo dall’Italia dei familiari, per assicurare un maggior sostegno negli attimi successivi la terribile notizia, ma il tempo non aspetta e la comunicazione era già stata data.
Imarisio prosegue raccontando altri terribili dettagli di quell’episodio: il rimorso della donna per aver convinto il marito a partire ugualmente per il viaggio, la salma messa a disposizione nel garage degli infermieri. Da altre fonti si apprende che il decesso è stato comunicato ai familiari in Italia via telefono.
Quando c’è la necessità di notificare ai familiari l’avvenuto decesso di un prossimo congiunto, l’attività è sempre molto delicata. Se l’evento non è stato preceduto da un periodo di malattia tale da far “abituare” progressivamente le persone che qualcosa di terribile sta loro accadendo può esserlo ancora di più.
Che sia un operatore sanitario o di polizia, grava sul messaggero la responsabilità di cambiare per sempre la vita di una persona, e con essa quella di tutta la sua famiglia e della rete delle sue relazioni, che da quel momento in poi avranno a fianco una persona diversa, anche irriconoscibile: impossibile restare “gli stessi che eravamo”.
Portare questa notizia non è solo adempiere al proprio dovere o perfezionare un’attività prevista dalle “pratiche” che stiamo svolgendo.
Portare questa notizia è sconvolgere l’esistenza di molte persone e restare per sempre impressi nelle loro menti come le persone che lo hanno fatto.
In caso di decessi traumatici, proprio perchè inaspettati, adottare alcune accortezze per rendere meno devastante questo doloroso momento è il minimo che si possa pretendere dall’apparato che sta gestendo l’evento.
“Apparato”, normalmente Pubblica Amministrazione, composta da persone.
Ecco, il punto sta proprio qui: le organizzazioni agiscono ATTRAVERSO le persone (dipendenti), ma se lo fanno anche PER le persone (destinatarie), la sensibilità umana di ciascuno può raggiungere già un grande risultato senza con questo compromettere le attività alle quali gli operatori sono chiamati. Semplici accorgimenti possono fare la differenza, come ad esempio:
- trattare gli utenti come persone
- ascoltare i loro bisogni e farsi parte attiva per comprendere quale sia la modalità più efficace per soddisfarli
- capire come raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione
Certo, poter contare su protocolli operativi formalizzati ed approcci scientificamente più accurati è il minimo da aspettarsi da un’organizzazione di professionisti, ma già mettersi nei panni del destinatario e vedersi da un altro punto di vista può evitare alcuni degli errori più grossolani.
Anche perchè se è vero che la Tunisia è stata fino ad ora vista come un esotico Paese al di là del Mediterraneo, è altrettanto vero che ogni città o paese può essere il luogo di villeggiatura di qualcuno, l’ultimo luogo che avrà visitato, un posto meno esotico e familiare dal quale potrebbe non tornare più a casa.
Michele Nespoli
Vicepresidente CerchioBlu