Vogliamo affrontare un argomento spiacevole balzato in cima alle notizie di cronaca di questi giorni: Il Trattamento Sanitario Obbligatorio, comunemente noto come TSO.
Per prima cosa è necessario dare delle definizioni ben precise come “salute” definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non soltanto assenza di malattie o di infermità[1].
I trattamenti sanitari sono tutti quegli atti che chi esercita una professione sanitaria compie sui pazienti, adempiendo alle norme inerenti alla pratica e alla conoscenza della scienza, impegnandosi con tenacia per raggiungere l’utilità della persona bisognosa e della collettività. È basilare far riferimento Articolo 32 della Costituzione che cita: «nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge.La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»[2].
I trattamenti sanitari possono essere suddivisi ulteriormente in 2 tipologie per le modalità esecutive.
- Ci sono infatti trattamenti previsti dalla Legge come “obbligatori”, ma che non possono essere imposti, pertanto sono non coattivi, come ad esempio gli accertamenti da sostanze stupefacenti o accertamenti degli stati di ebbrezza da alcool per gli operatori dei servizi sanitari o per attività lavorative come gli autisti.
- Tutti gli altri sono i trattamenti che impongono l’imposizione, detti appunto coattivi, ovvero quelli eseguiti mediante esami di laboratorio e visite cliniche che vanno a dimostrare l’esistenza dei requisiti per lo svolgimento di determinati lavori. In questo caso se il soggetto si rifiuta di sottoporsi ai trattamenti previsti dalla legge, contro la sua volontà, può essere accompagnato verso le strutture preposte dalle forze dell’ordine. Tra questo tipo di trattamenti ritroviamo anche il trattamento sanitario obbligatorio delle malattie veneree in fase contagiosa, il trattamento sanitario obbligatorio delle malattie infettive in cui esiste l’obbligo di denuncia sanitaria e infine, probabilmente il più conosciuto, il trattamento sanitario obbligatorio delle malattie mentali[3].
Ma cosa si intende per TSO? TSO è l’abbreviazione di Trattamento SanitarioObbligatorio.
È un ricovero coatto, obbligatorio contro la libertà individuale della persona. La legge ha previsto due ben diverse modalità d’intervento, ovvero due istituti di coercizione: l’accertamento sanitario obbligatorio (ASO) e il trattamento sanitario obbligatorio (TSO). In alcune zone del nostro Paese è uso consolidato attuarlo, oltre che nei reparti psichiatrici, anche presso il domicilio della persona, ma in linea generale e nella stragrande maggioranza dei casi, il provvedimento di TSO si risolve nell’accompagnamento coatto, tramite la Polizia Municipale o le forze dell’ordine, presso i reparti psichiatrici. Tendenzialmente si mette in atto quando la persona appare pericolosa per sé o per gli altri, in soggetti che manifestano minaccia di suicidio, o di lesione a cose e persone, rifiutano di comunicare con conseguente isolamento, rifiutano la terapia se in cura, rifiutano acqua e cibo. Si può trattare anche di un tossicodipendente in crisi di astinenza, un alcolizzato o una persona disturbata psicologicamente, cioè tutte quelle categorie che possono arrivare ad avere comportamenti inattesi e aggressivi.
La legge stabilisce il complesso delle norme da seguire nello svolgimento per mettere in atto il TSO, nell’art.1 Legge n. 180 del 13 maggio 1978, più conosciuta con il nome di Legge Basaglia la quale riporta che «gli accertamenti e trattamenti sanitari sono volontari […] Possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona […] devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi è obbligato».
Per poter attivare il TSO subentrano 4 figure ben distinte.
Innanzitutto ci deve essere la proposta motivata di un medico, un qualsiasi medico, che abbia personalmente accertato la patologia e che certifichi la sua esistenza. A questa certificazione medica dovrà seguire la convalida di un medico convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), il quale verificherà la veridicità del proposta dal primo medico. Si passa, poi, al provvedimento del sindaco del comune in cui il trattamento ha luogo. Si tratta della figura giuridica che dispone direttamente del TSO, nella sua funzione di autorità sanitaria locale. Infine, entro le 48 ore, subentra la figura del Giudice Tutelare che convalida o meno il provvedimento emanato dal sindaco.
Il momento più controverso della procedura e che ha dato adito a numerose discussioni è quello riguardante l’intervento della polizia municipale o delle forze dell’ordine.
Ogni persona ha una storia, che si trovi da questa o dall’altra parte della barricata, come del resto ogni TSO ha protagonisti diversi, con storie diverse. Sono diverse le storie delle persone soggette a questi tipi di trattamenti, ma lo sono anche le storie dei vari professionisti, che si tratti di forze dell’ordine, psichiatri o medici del 118 che sono tenuti ad intervenire in queste situazioni. Alcuni sono coscienziosi, altri un po’ meno; alcuni usano maniere vigorose, altri si rivelano capaci di porsi nella situazione di un’altra persona e di comprenderla; altri ancora si dimostrano pronti, altri inesperti, pertanto, a seconda degli interventi, i vari tipi di professionisti che intervengono devono cercare velocemente e con la massima professionalità la soluzione più idonea al caso.
[1] RS 0.810.1, Trattato di costituzione dell’Organizzazione mondiale per la sanità, NY 1946; https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19460131/200906250000/0.810.1.pdf.
[2] Governo della Repubblica Italiana, Costituzione della Repubblica Italiana, in «Gazzetta Ufficiale» 298(27 dicembre 1947), titolo II, articolo 32.
[3] Roberto Quartesan, Manuale di Psichiatria, Morlacchi Editore, Perugia 2009.