Si è lanciata dal balcone della casa dei genitori, a Salerno, ed ha messo la parola FINE alla sua vita, a 39 anni.

Era in servizio alla Polizia Locale di Roma.

È accaduto oggi, 9 ottobre 2020 ed è il 35esimo suicidio tra le forze dell’ordine dall’inizio dell’anno, 36 se si considera anche un Carabiniere in congedo trovato cadavere in Sicilia, sul quale sono ancora in corso delle indagini.
L’ultimo era avvenuto solo ieri -giovedì 8- nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo, dove a farla finita è stato un Carabiniere di 50 anni con la pistola d’ordinanza. Come aveva fatto un Poliziotto di 53 anni a Milano nemmeno una settimana prima, venerdì 2 ottobre.
La modalità più comune per andarsene è l’arma di servizio: molto efficace, sempre a disposizione, anche rivolta contro familiari, figli, colleghi e capi-ufficio.
Alcuni lasciano un biglietto e spiegano, raccontano, si scusano. Moltissimi altri se ne vanno e basta!
I numeri dei suicidi tra le divise cambiano un po’ a seconda di chi li conteggia, ma l’Osservatorio Nazionale sui Suicidi tra le Forze dell’Ordine ONSFO di Cerchio Blu conta quest’anno 32 uomini e 3 donne, senza distinzione di appartenenza:
  • 10 (+1) Carabinieri
  • 8 Polizia di Stato
  • 7 Guardia di Finanza
  • 6 Polizia Penitenziaria
  • 4 Polizia Locale
Verrebbe da pensare che “Ciò che non riuscì l’assetto giuridico, l’equiparazione tra forze dell’ordine, fece la vita”.
Noi di Cerchio Blu raccogliamo dati e cerchiamo ricorrenze, per capire cosa accada nella testa e nel cuore di queste -spesso- giovani vite, con o senza figli, sposati o no, che decidono di abbandonare un carico di sofferenza, ormai insopportabile, nel modo più tragico.
La nostra attività non si ferma al macabro conteggio: formiamo dei team di supporto, abbiamo costruito una rete nazionale di assistenza psicologica, interveniamo nei comandi dopo un fatto tragico, mettiamo a disposizione i nostri psicologi in modo gratuito ed anonimo per alcuni incontri, ma sembra non bastare mai!
E la pandemia che tutti noi stiamo vivendo non ha sicuramente alleggerito il carico che ogni poliziotto affronta e si carica sulle spalle ogni giorno, col suo peso di paura, fragilità, frenesia operativa, rapporti conflittuali con cittadini ed utenti d’ogni genere.
Ci siamo accordi che se da un lato ci sono soggetti che fremono sull’asfalto dei progetti per cambiare la situazione con iniziative e proposte, dall’altro vi sono vecchi modi di organizzare le cose ed intendere i rapporti che non aiutano, nemmeno a scalfire lo status quo, figurarsi ad essere davvero efficaci.
La società oggi corre veloce, molto veloce, e non è più possibile prendersi tutto il tempo per ragionare, valutare convocare, analizzare, progettare, ascoltare e tutti gli are-ere-ire che mancano all’appello.
Oggi le persone in divisa meritano attenzione ed interventi: non più i verbi delle buone intenzioni, della burocrazia istituzionale, ma le azioni concrete ed i progetti, compresa la modifica di qualche tempo e modo organizzativo, dell’ascolto dei bisogni.
Perchè noi siamo convinti che tutto il male e tutto il brutto non stia all’interno delle professioni, come alcuni sostengono, anche con forza (leggi l’articolo sullo stress lavoro-correlato nelel forze dell’ordine di Francesca Battagli).
Pensiamo invece ad un male più profondo, legato anche e soprattutto alla vita delle persone, alle loro famiglie, ai loro dolori.
Perchè ciascuno combatte ogni giorno una battaglia di cui nessun’altro sa nulla!
Ma finchè Istituzioni e Luoghi di Lavoro non inizieranno a trattare questi poliziotti come persone, ad ascoltarli, a farsi carico di alcune loro esigenze, a modificare alcuni rapporti interni difficilmente riusciremo ad invertire una pericolosa tendenza: quella di abbandonare a sè stesse persone in difficoltà, che non sanno di esserlo, permettendo loro di circolare armati e pronti a far danni, a sè stessi e ai loro familiari.
In una parola alla comunità intera.