L’impatto psicologico e sociale della Comunicazione del decesso negli incidenti stradali.

In uno studio effettuato dalla FEVR, la Federazione Europea delle Vittime della Strada intitolato Study of the physical, psychological and material secondary damage inflicted on the victims and their families by road crashes e pubblicato nel 1993 era emerso che i familiari delle vittime di incidenti stradali subiscono un drammatico declino della qualità e del livello di vita il cui inizio è individuato al momento dell’evento.
Lo “Studio sul danno secondario fisico, psicologico e materiale inflitto alle vittime e alle loro famiglie dagli incidenti stradali”, aveva dimostrato che il 90% delle famiglie dei morti e l’85% delle famiglie degli invalidi dichiarava un significativo, e in metà dei casi drammatico, declino permanente della qualità della vita. Inoltre, circa il 50% delle famiglie colpite dal lutto e il 60% delle vittime di infortunio riferiva di una caduta di lungo periodo, sostanziale e talvolta drammatica, del livello di vita.
Questi risultati hanno rivelato un impatto finora non immaginato degli incidenti stradali sulle famiglie sia delle vittime che degli invalidi, e hanno confermato la gravità delle conseguenze per questi ultimi.
Facendo inoltre emergere l’enorme costo sociale e l’impatto finanziario a lungo termine sul bilancio nazionale provocato da queste tragedie individuali.

La ricerca successiva.
Gli obiettivi della ricerca successiva, che pubblichiamo in allegato, sono stati la ricognizione delle cause della caduta sostanziale di qualità e di livello di vita subita dalle famiglie delle vittime e la proposta di riforme amministrative e legislative.
Hanno partecipato alla ricerca sedici organizzazioni tutte membri dell’European Federation of Road Trafic Victims, che rappresentano le famiglie delle vittime in nove paesi d’Europa.
E’ stato chiesto a circa diecimila famiglie di compilare in forma anonima un questionario composto da 56 domande, suddivise in questi otto settori, che andava ad indagare se le vittime, o le loro famiglie, abbiano ricevuto aiuto e informazione adeguata dai vari servizi con cui sono venuti a contatto dopo l’incidente, se i soggetti hanno sentito o no di aver ottenuto giustizia e come si sono sentiti trattati, è stata chiesta ai soggetti una descrizione dei loro rapporti con le compagnie di assicurazione, e il loro punto di vista sull’adeguatezza dei risarcimenti offerti.
Altre domande miravano a comprendere il grado di soddisfazione derivante dall’aiuto successivo nelle cure degli infortunati ed al trattamento medico ricevuto.
Di particolare importanze le domande sugli effetti secondari, di ordine psicologico e fisiologico, sulle vittime ed i loro parenti, le conseguenze ed i cambiamenti di vita successivi all’incidente da parte delle vittime e dei parenti, sul consumo di sostanze psicotrope, sulle loro relazioni con la famiglia, gli amici e i colleghi, sulla loro capacità di godere la vita e sulle conseguenze in ambito lavorativo.

I risultati della ricerca.
I risultati ci fanno riflettere, le 1364 risposte, il 59% proviene da parenti di morti per incidenti stradali, il 41% da parenti di vittime rese invalide o dagli stessi invalidi, hanno evidenziato che una larga maggioranza – il 91% delle famiglie dei morti, e il 78% di quelle degli invalidi, lamenta di non essere stata sufficientemente informata sui suoi diritti, come quello di porre questioni e di essere legalmente rappresentati nelle inchieste, o il tempo limite per ricorrere in appello ecc..
Circa l’85% delle famiglie non ha avuto alcuna informazione circa i possibili supporti o le organizzazioni di vittime.

I bisogni indirizzati alla polizia.
Gli aiuti maggiormente richiesti da parte delle famiglie che coinvolgono le organizzazioni di polizia impegnate nella prevenzione e nel rilievo dei sinistri stradali, sono stati quello di essere informati della morte da parte di qualcuno addestrato specificamente per questo compito, di avere immediatamente accesso al corpo del loro caro, in questo senso il corso di formazione nella comunicazione del decesso organizzato nella polizia municipale di Firenze sembra vada nella direzione giusta, emerge inoltre il bisogno immediato di accesso all’informazione circa le circostanze dell’incidente.
Interessante per il nostro lavoro è la richiesta di opuscoli consegnati direttamente alle vittime da parte della polizia, e messi a libera disposizione nei servizi di emergenza, ospedali, tribunali ecc.
Dalle risposte emerge la richiesta riguardo alla polizia che dovrebbe informare regolarmente le vittime/le famiglie dei particolari e dell’evoluzione dei loro casi.
Vengono inoltre richiesti programmi di formazione rivolti a tutti coloro che vengono abitualmente in contatto con le vittime della violenza stradale.

La richiesta di supporto immediato.
Altri bisogni emersi dalla ricerca sono stati l’avere un supporto immediato ( e spesso anche a lungo termine) emotivo, psicologico, pratico e legale da parte di professionisti, di avere un’informazione immediata sui propri diritti, sui procedimenti legali e sull’inchiesta, notizie sulle organizzazioni di familiari delle vittime presenti, di consulenza e di assistenza legale.
Viene suggerita la creazione di centri di assistenza per le vittime, dove esse possano ricevere assistenza/consulenza nei campi della legge, della medicina e della psicologia.
In caso di morte o di lesioni gravi dovrebbe essere garantito immediatamente dopo l’incidente l’ausilio di un avvocato, responsabile degli interessi della vittima e/o dei suoi parenti.
Dalle risposte emerge l’esigenza di maggiore attenzione alle cause che seguono gli incidenti stradali che provocano morte o lesioni gravi, queste devono essere trattate in modo tale da porre al centro dell’attenzione la morte e le lesioni, inoltre le sentenze devono essere sufficientemente severe da fungere da deterrente.
C’è un’insoddisfazione diffusa a proposito dei rapporti con le compagnie di assicurazione e l’importo dei risarcimenti offerti, specie nei casi di lesioni gravi o di morte.

Gli effetti successivi sulle vittime.
La morte improvvisa e violenta di un parente stretto ha un effetto profondo sulla vita degli altri membri della famiglia.
In molti casi essi perdono interesse alla vita, il 72% ha perso interesse per le attività quotidiane, come l’attività professionale, il lavoro di casa, la cucina o gli studi, il 70% lamenta perdita nelle capacità di guida, il 49% perdita di fiducia in se stesso il 46% ha attacchi d’ansia, il 64% soffre di depressione, il 27% di fobie, il 35% di disordini alimentari, il 78% prova rabbia e il 71% risentimento, il 37% ha sperimentato propositi suicidi, alcuni si suicidano davvero.
Dopo tre anni, queste manifestazioni decrescono in media solo del 10%.
In particolare, i sentimenti suicidari calano solo dal 37% al 26%, lasciando una grande percentuale di soggetti in angoscia estrema.
Questi problemi mostrano il disperato bisogno di un supporto psicologico di lungo periodo.
Un aiuto del genere, attualmente prestato per lo più dagli amici e dai familiari, dovrebbe essere fornito anche da adeguati centri di assistenza alle vittime.
Questi disagi sono le cause prevalenti della caduta di qualità della vita, considerati attualmente effetti secondari, non hanno un riconoscimento legale.

Un progetto di supporto alle vittime degli incidenti stradali.
Gli studi recenti hanno spostato l’attenzione dal responsabile del fatto alla figura della vittima, intesa non soltanto come la persona che ha direttamente subito l’evento ma estendendo tale concetto anche ai familiari fino al contesto sociale di riferimento.
Dall’esame dei risultati della ricerca effettuata dal FEVR emerge a necessità di trovare del strategie per riequilibrare la posizione della vittima rispetto a quella dei responsabili dal punto di vista dei diritti e del trattamento.
Se il nostro ordinamento prevede per gli autori di un reato una rete di sostegno cha va dal momento della detenzione in carcere dove il reo è oggetto di massima sorveglianza al fine di evitare condotte autolesive, mentre non esistono sistemi specifici di sostegno a vittime che possono cadere in depressione o isolamento sociale, oppure le strutture previste dal nostro ordinamento per il reinserimento del reo non sono controbilanciate con strutture per il sostegno ed il recupero della vittima.
La comunità europea recentemente si è espressa in tal senso raccomandando ad ogni stato membro di attivare reti di sostegno alle vittime[1]
Quanto brevemente illustrato è motivo di stimolo verso nuove forme di sostegno alle vittime sia di natura psicologica che sociale, utili sia per alleviare le ferite dell’esperienza traumatica e vittimizzante sia per prevenire nuove forme di vittimizzazione.
Un progetto mirato alle vittime degli incidenti stradali non deve essere considerato come strumento eventuale di discriminazione delle vittime creando una nuova forma di vittime a tutela rinforzata, ma deve essere considerato come possibilità di opportunità di approdare a nuovi diritti e nuove forme di aiuto per tutte le vittime.
Le parole del vittimologo Fattah ci aiutano a comprendere il ruolo che la società deve assumere e cioè “il principio della solidarietà e quello della responsabilità [della società] collegato al dovere di aiutare e di assistere le persone più sfortunate che versano in condizioni di sofferenza e di dolore a causa di danni subiti ad opera di altri”.
Graziano Lori

[1] In una prospettiva di riforma giuridica in relazione alla figura della vittima è di particolare importanza la decisione quadro del Consiglio dell’Unione Europea (n.2001/220/GAI), che in relazione al procedimento penale, quindi a pieno titolo si inserisce il procedimento successivo agli incidenti stradali gravi e mortali, all’art.4 cita:

Articolo 4 – Diritto di ottenere informazioni

  1. Ciascuno Stato membro garantisce che, in particolare fin dal primo contatto con le autorità incaricate dell’applicazione della legge, la vittima abbia accesso, con i mezzi che lo Stato ritiene adeguati e, per quanto possibile, in una lingua generalmente compresa, alle informazioni rilevanti ai fini della tutela dei suoi interessi. Tali informazioni sono almeno le seguenti:
    a) il tipo di servizi o di organizzazioni a cui la vittima può rivolgersi per ottenere assistenza;
    b) il tipo di assistenza che può ricevere;
    c) dove e come può sporgere denuncia;
    d) quali sono le procedure successive alla presentazione della denuncia e qual è il suo ruolo in tale contesto;
    e) come e a quali condizioni può ottenere protezione;
    f) in quale misura e in quali termini ha accesso:
    i) all’assistenza di un legale,
    ii) al patrocinio gratuito, o
    iii) a qualsiasi altra forma di assistenza, qualora, nei casi di cui ai punti i) e ii), ne abbia diritto;
    g) quali sono i requisiti per il diritto della vittima a ottenere un risarcimento;
    h) qualora risieda in un altro Stato, a quali meccanismi speciali può ricorrere la vittima per tutelare i propri interessi.
  2. Ciascuno Stato membro garantisce che la vittima, se lo desidera, sia informata:
    a) del seguito riservato alla sua denuncia;
    b) degli elementi pertinenti che, in caso di azione penale, le consentono di conoscere lo svolgimento del procedimento penale contro la persona perseguita per i fatti che la riguardano, salvo i casi in cui ciò potrebbe pregiudicare il corretto svolgimento del procedimento;
    c) della sentenza pronunciata dal giudice.
  3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare, almeno nei casi in cui esiste un pericolo per la vittima, che, al momento del rilascio dell’imputato o della persona condannata per il reato, sia possibile decidere di informare la vittima, se necessario.
  4. Se uno Stato membro trasmette di sua iniziativa le informazioni di cui ai paragrafi 2 e 3 esso deve garantire alla vittima il diritto di scegliere di non riceverle, tranne quando la loro trasmissione sia obbligatoria ai sensi delle regole di procedura penale applicabili.