Pubblichiamo la testimonianza che oggi ci ha inviato un nostro socio: Grazie Macu!
Team CerchioBLU, 24 gennaio 2017
———-
Domani sono sull’elicottero pure io, e da questa mattina non riesco a pensare ad altro.
Oggi sui monti abruzzesi, tra l’Aquila e monte Felice un elicottero del soccorso è caduto con le sei persone a bordo: per i cinque dell’equipaggio e per lo sciatore ferito che avevano imbarcato non c’è stato scampo.
Da questa mattina non riesco a togliermi questo pensiero dalla testa, un pensiero che ne ha fatto riemergere un altro, che avevo quasi sepolto.
Ma come una valanga (che in questi giorni significa tante cose…) mi assalgono ricordi e sensazioni vecchie di appena due anni, quando un altro elicottero del soccorso andì giù: era il 26 agosto 2015. Era Grosseto.
E per quante volte tu te lo ripeta, per quanto tu cerchi di non pensarci,
quella sensazione ti martella la mente… e non se ne va!
Nel ricevere una notizia di questo tipo la prima sensazione che provi è smarrimento ed incredulità.
Da subito cerchi di capire come stanno i colleghi, se sono ancora vivi, se l’hanno portata fuori; perché le prime informazioni non sono mai complete.
Sai solo che un elicottero come il tuo è caduto, con persone a bordo come te, che fanno il tuo stesso lavoro.
E speri che non fossero troppo in quota, che sotto di loro alti alberi possano aver attutito l’impatto, che la bravura del pilota sia riuscita ad evitare il peggio.
Il pensiero corre subito da loro, alla loro sofferenza.
A quanti mi chiedono informazioni sul lavoro rispondo sempre che il mio lavoro in elisoccorso è un lavoro come gli altri… ma so di dire una cosa non proprio proprio così vera, per mille motivi.
Voglio evitare che pensino io non abbia mai paura, che mi vedano indossare la tuta del supereroe che di certo non sono.
Mi rendo però conto che il mio lavoro in elisoccorso ha molti aspetti positivi e molti altri aspetti negativi… come tanti lavori.
Ti trovi a dover decollare in ogni condizione meteo per missioni che non sai dove ti porteranno, non sai esattamente quale sarà la situazione ambientale e logistica in cui ti troverai ad operare, non sai se dovrai scendere con il verricello, in hovering o se ci sarà lo spazio per l’atterraggio.
In ogni situazione l’adrenalina che sale è tanta, tutti sono focalizzati per raccogliere e gestire elementi e variabili del caso, tutto l’equipaggio si concentra al massimo per rispettare le procedure e le indicazioni che vengono date circa la sicurezza.
Sicurezza sì, una bella parola, della quale si sviscerano aspetti ed indicazioni specifiche in tanti corsi, in tanti convegni.
Sicurezza significa cercare di ridurre al massimo il pericolo, ma quando le persone che hanno bisogno sono lì ad un metro da te, difficilmente valuti la sicurezza e le condizioni del suo intervento serenamente come hai fatto in un’aula, in un auditorium o nelle molte simulazioni…
I soccorritori sono portati ad aiutare, è la nostra missione, anche la nostra passione.
Difficilmente ci tiriamo indietro, giusto o sbagliato che sia o che possa sembrare, se analizziamo questo breve pensiero da altre angolazioni.
Non nascondo che a volte, in volo verso la destinazione, la mia concentrazione sulla missione si stacca per pochi secondi e il pensiero va alla famiglia: è indubbio che siamo soccorritori portati ad aiutare gli altri, ma in primis siamo persone che proprio in virtù del nostro lavoro, delle esperienze che viviamo, delle tragedie con le quali siamo in contatto maturiamo un forte attaccamento alla vita, sappiamo apprezzare ancor più il valore e il significato della parola VITA.
Quando siamo sul luogo dell’intervento mi piace parlare con i parenti delle vittime o dei feriti, quando sono presenti, per informarli su cosa sta accadendo: mi rendo conto che quando una persona sta male o è successo un incidente nessuno di noi è pronto a reagire.
E’ un fatto improvviso, che nessuno può programmare, quindi essere impreparati è un fatto fisiologico.
Ma noi, professionisti e volontari che sono dall’altra parte della linea, non possiamo essere impreparati.
Il nostro compito di soccorritori, tra gli altri, è dare portare conforto e aiuto.
Ma torniamo all’elicottero precipitato, poco importa se parliamo di Campofelice, di Pegaso 2 a Grosseto o di Falco a Pieve di Cadore.
Sono avvenimenti tragici che ti fanno aprire ancor più gli occhi, malgrado non siano mai nemmeno socchiusi, sul rischio che non sottovalutiamo mai.
Nè io nè nessuno dei colleghi con i quali lavoro si sente un supereroe; sappiamo di essere solo persone che possono aiutarne altre in difficoltà, arrivando con un mezzo veloce ed efficace, l’elicottero, che sì tanto affascinante ma anche altrettanto pericoloso.
In tanti mi chiedono come io riesca a fare questo lavoro, mi chiedono se di notte poi riesco a dormire.
Credo che anche questa capacità di separare lo scenario da tutto il resto faccia parte del lavoro; personalmente sono (quasi) sempre riuscito in questi 14 anni a portarmi a casa il meno possibile del lavoro, sia nel cuore che nel cervello.
Ho sempre cercato, riuscendoci abbastanza, a non farmi troppo coinvolgere dall’evento in cui ho lavorato.
Sono convinto che nella vita ogni esperienza negativa possa essere trasformata in qualcosa di positivo, anche le missioni in cui sono chiamato ad operare. Io ci ho sempre provato attraverso la formazione, l’attività di prevenzione all’educazione stradale, il cambiamento ed il miglioramento personale.
Cerco di interpretare e vivere la mia vita dando importanza a ciò che io ritengo davvero insostituibile, come ad esempio il rapporto con i miei famigliari, con mia moglie e i miei due figli che contano su di me, con gli amici, con gli altri in generale.
Molti subiscono rapporti e relazioni con la gente che li circonda, restandone scontenti e stressati; io cerco di mettere a frutto la mia esperienza di tutti i giorni, davvero insostituibile e preziosa, per creare e facilitare i miei rapporti, rendendoli soddisfacenti… perchè non tutto accade e basta!
Ho organizzato un convegno sull’emergenza dove si è parlato di sicurezza in elisoccorso, sono impegnato nell’educazione stradale con l’associazione Verona Strada Sicura e in molte altre attività.
So che devo tenere alta la guardia perché l’errore è dietro l’angolo, per tanto che si cerchi di mitigarlo.
I cavi sono la nostra bestia nera, per questo dal decollo all’atterraggio i nostri occhi scrutano fuori dai finestrini attenti e pronti a segnalarlo al pilota tramite l’interfono.
Ma i cavi solo solo uno dei pericoli che troviamo durante i nostri interventi.
Il pericolo nell’elisoccorso c’è e viaggia sempre accanto a noi, forse come in molti altri lavori; credo che a bordo di un elicottero del soccorso però, più che in qualsiasi altro luogo di lavoro, il pericolo sia ben motivato ed abbia un senso: dove andiamo noi c’è qualche vita umana che ha bisogno di aiuto.
Non ci arrendiamo alle difficoltà e lavoriamo per rientrare alla base tutti e nonostante tutto a missione terminata.
[Come fece Pegaso 2 dopo l’incidente, tornato a Grosseto per imbarcare altro personale sanitario da portare sul posto]
Massimiliano Maculan,
Elisoccorritore Suem118 Verona
Presidente Verona Strada Sicura (vedi)