ciprianiLa triste vicenda del comandante della stazione dei Carabinieri di Pescantina, in provincia di Verona, intervenuto per i rilievi dell’incidente mortale della figlia di 26 anni non può lasciare indifferenti, in particolare quanti operano nelle forze dell’ordine e del soccorso.

Infatti l’esposizione a fatti tragici “per mestiere” che questi professionisti (e talvolta i volontari) vivono ogni giorno non può certo preparare ad simile un disastro emotivo e psicologico.

Neppure l’esperienza di chi si occupa di questi temi ad altri livelli, come noi dell’associazione CerchioBlu cerchiamo di fare, può aiutare il singolo attore ad affrontare momenti così difficili.

Non esistono buone pratiche o ricette vincenti in questo ambito, bisogna farsene una ragione.
D’altro canto è pur vero che su qualcosa si può intervenire, sulla base delle esperienze accumulate negli anni.

L’approccio ai familiari e le tecniche che vengono illustrate e discusse durante i corsi CerchioBlu hanno come base l’attenzione per l’altro, per la devastante esperienza che sta vivendo.

Spesso chi comunica un grave lutto cerca di applicare un “distacco sociale”, nell’intenzione di apparire professionale e, ne siamo certi, anche nel tentativo di non farsi travolgere dalla tempesta che sta investendo i familiari della vittima.
Già a questo livello avvicinarsi emotivamente un po’ di più a chi ci sta di fronte può fare la differenza tra una comunicazione fredda e distaccata, come viene spesso rilevato e criticato, ed una più comprensiva ed umana.

L’operatore, sanitario o di polizia, conosce la procedura e sa qual’è il suo ruolo: può però anche scegliere quale sia la strada o il soggetto in grado di permettergli di raggiungere i suoi obiettivi con maggiore efficacia. Per questo motivo è opportuno coinvolgere in alcune fasi parenti meno prossimi, per alleviare almeno questo dolore a genitori e coniugi.

Ma, dicevamo, come gestire questo evento nell’ambito di un intervento d’emergenza?

Probabilmente tutto si gioca dagli istanti successivi l’incidente in poi: non c’è modo di alleviare in quel momento l’impatto devastante che l’evento ha sull’operatore di polizia o del soccorso, che non può far altro che apprendere la notizia in modo così violento.

E’ possibile che non si verifichino quelle scene strazianti di saluto e contatto con il cadavere alle quali spesso si assiste sulla strada: i soccorritori mascherano abitualmente le loro emozioni durante un intervento ed è possibile che anche in questo caso il dolore resti temporaneamente celato da professionalità e ruolo.

La sensibilità professionale e le modalità di lavoro possono però aiutare a comprendere cosa stia accadendo: quando il teatro è allargato e le attività vengono suddivise tra i diversi operatori, restare in contatto e condividere le informazioni via via raccolte può fare la differenza, consentendo di accorgersi immediatamente che qualcosa sta accadendo al collega.
Qualche avvisaglia si può avere anche scambiandosi le prime informazioni disponibili: i media riportano che nell’evento veronese Nicola Cipriani forse non riconobbe immediatamente l’auto della figlia, ma quando lesse il numero di targa capì. Questo è un esempio di come lavorare in team e condividere le informazioni via via disponibili possa aiutare ad essere più tempestivi nel capire la portata degli eventi.

La sostituzione appena possibile dell’interessato con altro operatore è poi quantomai necessaria, considerata la necessità da un lato di proseguire le operazioni con il massimo dell’efficienza, dall’altro di consentire un’immediata e seppur minima elaborazione di quanto accaduto, dall’altro ancora di garantire quel minimo di rispetto umano che le circostanze permettano ad una persona toccata da un grave lutto.

La dimensione più rilevante si gioca probabilmente a posteriori, tramite la vicinanza della comunità professionale e dell’Organizzazione. In questo contesto saranno fondamentali parole, segni e iniziative che l’organizzazione, i vertici e i pari riescono a mettere in campo, sia da un punto di vista di assistenza burocratico-amministrativa (atti, procedure, restituzione effetti personali,…) che operativo-funzionale (impatto sulla famiglia, organizzazione del “dopo”, …) che ancora psicologico-emotiva (una mano d’aiuto, una parola, talvolta l’indicazione di uno specialista con il quale parlare o, meglio, di un collega formato al peer-supporto).
Indipendentemente dalla dimensione dell’organizzazione e del Corpo di cui si fa parte, la vicinanza personale e la comprensione umana che il Vertice deve assicurare è fuori discussione.

Anche i tempi giocano un ruolo fondamentale: mai rimandare perchè ogni istante passato ad aspettare un momento migliore e più opportuno aumenta la distanza con la vittima, che potrebbe percepirlo come distacco o indifferenza.

I Vertici delle organizzazioni possono poi avere un altro grande ruolo: facilitare rapporti ultra professionali all’interno del Corpo, in modo da permettere la nascita di quei legami autentici in grado di trasformare semplici colleghi di lavoro in gruppi più coesi e forti, una Comunità in grado di aiutare davvero e in modo spontaneo ogni suo componente, qualora fosse necessario.

Non lasciare solo un collega colpito da un grave lutto è certamente un dovere lavorativo, ma prima ancora un segno di attenzione verso un “fratello professionale”.